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domenica, settembre 11, 2005

Adios alla filosofia della rendita (solo a scuola)





















Oggi a Modena si conclude il festival dedicato alle filosofie dei sensi,finestre del mondo. Leggendo un intervento che trattava della visione mi ha colpito un intervento. Per quanto la menzogna e l'inganno sono complemetari e distinguibili l'uno in riferimento all' oggetto, l'altro all'intenzione di un soggetto, l'autrice afferma che il visibile è avere un senso, mentre vedere cose è coglierlo. Fa questa distinzione supportata da fenomeni che di per sè manifestano ambiguità o vaghezza informativa, come le nuvole o le macchie che si prestano ad essere colte in una pluralità di forme, data la loro debolezza strutturale. Sono immagini che il soggetto completa con il suo background cognitivo e questo completamento le soggettivizza, avvicinandole al sogno o l'immaginazione.
Poi per non farla lunga l'autrice dice che il visibile o significa ciò che è o non ha fondamento reale, ovvero è costruito dalla mente che lo disambigua. Grossa incoerenza logica, infatti "ciò che è" vuol dire affermare un oggetto che per forte strutturazione è stato ricondotto al noto, al già interpretatato e a un senso unico solo a un livello di generalizzazione ampia, come ad esempio distinguere la visione di una casa da quella di un capanna. Ma spostando lo sguardo su oggetti meno noti e non ancora definiti per distinzioni fisse concettuali/visive come quelli sopra e non soltanto vaghi strutturalmente come le nuvole, ad esempio un'animale tropicale mai visto prima (Eco), cosa sarebbe in quel caso "ciò che è"?
Un animale senza dubbio...ma siamo ad un livello di astrazione che è troppo poco informativa per qualificare questo essere...infatti lì iniziano le inferenze e i segni che aprono il processo interpretativo della visione e il noto comincia a ipotizzare l'ignoto possibile. Per non parlare dei comportamenti gestuali che una persona esprime nel quotidiano, la cui semplice visione non saprebbe dare senso se non a livelli di implicazione bassissima. Perché l'autrice nega la natura interpretativa della visione...e sostiene che il visibile o ha un senso o è sogno? Forse lei pensa che è in possesso "dell'unico senso" e in questo festival della filosofia non ha digerito che le voci più auterovoli vengono delle discipline semiotiche? Povera professoressa di filosofia che è costretta a fare per dimostrare che la sua poltrona è stabile quando si è accorta che invece sotto aveva le rotelline del tournover accelerato. Certo di questi tempi ormai, passati tre anni dal Festival, non ci dovrebbero neanche più esser avvicendamenti d'insegnamento. Ormai alle discipline filosofiche non viene chiesto alcun parere su etica, bioetica, come scomodarla ancora ci penserà qualche millenarismo.

sabato, settembre 03, 2005

Senza tubi l'acqua non va in salita
















Questa è la risposta nata in un dibattito che trattava delle nuove capacità strategiche che la tecnologia Digitale Terrestre avrebbe apportato ai content producer, nel blog del marketing digitale riportato sopra.
Credo con fermezza che gli "Endemol della situazione", proprio per le caratteristiche di funzionamento del mercato dei media, siano sempre(purtroppo) integrati verticalmente con i proprietari delle reti distributive, quali esse sono e si evolveranno con l'innovazione tecnologica senza alcun scossone. Nella catena del valore è vero che il vantaggio competitivo si è spostato a valle, verso i cosiddetti fornitori di accesso, mentre agli inizi -con la nascita dell' industria del contenuto Hollywood-
i detentori erano le majors. Il piccolo problema è che come si è allargata la catena di sfruttamento dei contenuti(il multipiattaforma), ci sono state sì invasioni di campo in terreni che l'innovazione poteva far pensare ad una perdita di potere delle grandi imprese, ma che infatti con la minaccia venutasi a creare con l' avvento della tv, tutto si è subito riconfigurato, facendo nascere le conglomerate media. Se i rischi vengono dalle piattaforme distributive le tendenze sono quelle dell'integrazione a valle (vedi che nel mezzo della bolla speculativa la strategia di Time Warner e AOL) anche a rischio di bruciare miliardi (50 miliardi a giorno perdeva Disney alla fine del 2000), ma mai queste grandi multinazionali si troveranno sprovviste in seguito all 'evoluzione del sistema. Anzi la tendenza adesso che la personalizzazione del contenuto può essere spinta dall'aumento di piattaforme di accesso (il broadband, sia wireless che wireline) si stà spostando proprio a valle della filiera. Soprattutto con modalità più flessibili e meno avventuriere di quelle che hanno caratterizzato il recente passato della sbornia da New economy, ovvero attraverso accordi e non con fusioni e incorporazioni che appesantiscono ma adeguandosi flessibilmente al cambiamento della domanda. L'unica sponda che può aumentare il potere, soprattutto contrattuale dei nuovi "Endemol della situazione" sono adeguate normative che possano incentivare l' ACCESSO, quando invece attualmente i multiplex digitali sono controllati proprio da chi ha come scopo principale quello di abbassare il potere contrattuale ai nuovi entranti. La situazione italiana è maggiormente aggravata da questo squilibrio tra reti e content provider e penso che i problemi del nostro mercato interno siano chiari a tutti. Mi lusinga ricordare che senza fare nomi, i proprietari di due reti controllano circa il 90% delle risorse che dovrebbero remunerare i contenuti. La molteplicità dei canali è già una realtà ma il numero non è un potere di per sè, dipende sempre dal famoso tempo di attenzione. Inutile avere venti canali se sono 6 che polarizzano tutte le risorse pubblicitarie. La perdita di controllo che menzioni delle modalità di fruizione avverrà solo per una irrilevante (in audience almeno, infatti il modello di business è pay-tv) parte di contenuti, semmai la competizione si sposta nell' acquisizione dei diritti premium e soprattutto nel dettare le norme che li regolamentano(lobbying?), affinché possano ricontrattarsi per tutte le piattaforme. Questa non è una ipotesi, vedi le vicende che girano intorno alla negoziazione dei diritti sportivi e tutto è chiaro. Il vero cambiamento nel sistema dei contenuti che ha sbilanciato l' industria dell ' informazione è avvenuto a livello di innovazione organizzativa e di processo ma l' intrattenimento in tutte le sue sfaccettature diverrà sempre più subalterno alle reti. Reti contro contenuti è un KO. Compro i tubi e ricatto la corrente che scorre, se vuol passare.

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