Form Adesione Sponsorship

sabato, agosto 06, 2005



















Questo post è un commento ad un articolo del sito http://www.tvdigit.net/ .
La scoperta di questo sito mi conforta data l'incontrollata elogiografia che stà facendo da leit motiv portante tutte le discussioni in merito al digitale terrestre e la via scelta dal nostro Paese per la transizione al "tutto digitale". Non voglio dimenticare che se ci deve essere una parte buona dell'ingerenza dello Stato nell'economia deve esserci nei settori strategici come l'ict di cui la televisione è completamente travolta,tanto che i confini settoriali cosi interdipendenti possono(come lo stanno divenendo adesso in merito alla definizione della pay per view)cabiare le regole del gioco e la partita dipende da chi li definisce. Servizi nella socità dell'informazione e contenuti trasmessi stanno facendo da aghi nella bilancia sia nel paniere del sic,che nei rispettivi mercati rilevanti,tanto che ogni definizione implica una serie di limiti strategici alle imprese coinvolte e delle opportunità da sfruttare. E' evidente che se la scelta forzata che vorrebbe favorire una conversione al digitale data la bassa propensine al rischio e la recessione strutturale delle capacità di innovazione dell'industria dovrebbe con tempi certi,favorirne lo sviluppo,soprattutto attraverso l'eliminazione delle incertezze di investimento. Tralaltro sia la competizione sia la domanda doppia di pubblicità che di attenzione sembra satura e il settore non può che reagire attraverso modalità push. Su questo convengono molti analisti,come sul fatto che nel digitale terrestre per esempio,i fallimenti avvenuti in Spagna e Inghilterra,nelle versioni di lancio,erano dovute soprattutto al market driven,politiche publiche incerte,e il disinteresse ad un'offerta che non era in grado,con il modello di business pay,di avere dei vantaggi competitivi a quella satellitare. Il problema italiano infatti non deriva dall' ingerenza del pubblico nell'economia,ma dalle distorsioni con cui viene effettuata in tutta la catena del valore della nuova piattaforma. Non stò negando che la realtà dei media è molto concentrata e polarizzata ai vertici per le peculiarità della loro logica economica,che è mass-market e le economie di scala possono essere raggiunte con costi di tempo opportunità molto lunghi e ingenti investimenti,favorendo chi detiene potere di mercato anche in assenza di comportamenti collusivi o anticompetitivi. Il nodo critico dell'ambiente media italiano è che a questi fattori strutturali (e lasciando a parte l'annoso conflitto di interessi che sposterebbe il discorso in ambito politico)si sommano le carenze tra norme e vigilanza. Se la legge sul "decoder unico" partita dall' Europa e pro-concorrenziale sia per le piattaforme che per il beneficio sociale a livello di costi per la collettività e quindi forte driver di adozione delle nuove tecnologie sembra stia andando a frantumi dato che per adesso ogni piattaforma stà cercando di recintare i suoi confini e se anche Sky non può pretendere che venga sovvenzionato il suo sistema proprietario,di certo non ha tutti i torti a fare ricorso alla Commissione Europea,dato che infatti il digitale terrestre non sembra voglia(malgrado tutti i progetti approvati dal Fub)fondarsi sul modello della televisione commerciale gratuita. Se anche questa a regime si svilupperà,rimane il fatto che i modelli saranno misti,e quelli a pagamento sembrano avere più opportunità di crescita,quantomeno se rimarrannno i vincoli che impediscono l'entrata a inserzionisti come tabacco,farmaceutica.Oltretutto la comunicazione di marketing sembra avere altri canali in crescita,e non solo,le sbornie della rete sembrano volersi riprendere. Per non entrare in merito alle normativa sulle reti,i multiplex ,che dato il ventennale accaparramento delle frequenze,con tanto di saturazione e il mai attuato piano di assegnazione razionale delle risorse,si sa che l'entrata di altri attori è impossibile se non da content provider.Risalendo a monte della catena del valore ecco che questi soggetti fornitori di programmi hanno la tutela dal gestore di rete di essere ospitati(con tutte le questioni che per altro hanno riguardato il must offer e must carry tra Telecom che si sentirebbe ostacolato dato il suo irrisorio potere di mercato e Fast Web che vorrebbe non pagare contenuti)per trasmettere. Innanzi tutto il gestore ha per legittimo diritto validare i programmi ospitati e la loro sostenibilità,e questo non fa una piega,come ha più volte ribadito Gina Nieri(Mediaset)ma per farla corta nessuno potrà impedire che saranno cinque i multiplex a cui fa capo tre socità che tutti conoscono,che detteranno le strategie anche dei canali ospitati e se proprio competizione ci dovrà essere avverrà con la crescita di Telecom che però ho le mie riserve anche in questo,dati i non solo collegamenti di azionariato ma anche di consapevolezza di strategie reciproche,un nome che può esemplificare il collettore informativo è Gnutti se non erro. Ma i contenuti di cui la legge è reticente a parlare e che tutti sanno fino al pedante motto the contnt's king,primo anello del valore e fattore strategico per eccellenza? Il mercato dei produttori italiani è a dir poco debole e per capire il perchè bisognerebbe aprire una vasta panoramica che le ultime vicende in capo alla SIAE possono parlare più di analisi dettagliate. Di fatto il potere contrattuale di chi distribuisce è molto più forte(eccezione di pochi soggetti)di chi offre contenuti(non premium) e di conseguenza i tipi di relazioni che i broadcaster hanno istaurato sono stati sbilanciati dal "o con me ha questo prezzo,o con nessun altro che sò tu possa interessare con questo prodotto". Dove la concorrenza sia tra piattaforme(multichannel) che tra emittenti è più agguerrita il mrcato dei contenuti è più sviluppato sia in volume/valore che in termini di revenues sharing nella della filiera. Che il controllo dei contenuti sport attraverso tipologie di contrattazione dei diritti di sfruttamento faccia da gatekeeper è innegabile. Come può allargarsi il mercato se il controllo è effettuato a monte con i diritti e con recinsioni per piattaforme a valle? Che in determinati settori il regime di concorrenza non comporta lo sviluppo del mercato è appurato anche negli States il cui modello si fonda sul libero scambio ma di certo loro per coerenza seguono la linea del primato dell'economia sul resto,il caso Microsoft e la sua quota del 90% sui sistemi operativi è emblematica per capire come la dimensione monopolistica non vada repressa ex ante ma semmai negli ubusi e non come status. Difficile mi sembra fare confronti di logiche quando quello che rimane il fattore strategico dell'agenda di Lisbona è lo sviluppo dell'ict,i cui risultati sulle tlc si sono manifestati(pensando poi che era un settore pubblico bisogna apprezzarne ancora più i meriti),quelli dell'it sono ancora lunghi ad aversi,ma i media a che punto stanno?e dove stanno andando? Nei media ho proprio l'impressione che la vecchia Europa ma in questo caso l'Italia sembra esserne la mascotte non hanno il solo obiettivo di sviluppo se non contempera allo stesso tempo la logica politica. Quando la politica sarà più matura forse i media potranno svilupparsi

Nessun commento:

Traffico